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C'è stato un vantaggio evolutivo per cui si è imposto il maschilismo nella storia? No

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Buongiorno lo so tu non hai bisogno dello psicologo, ma di sapere se esista un motivo per cui si è imposto il maschilismo nella nostra società credo tu possa averne bisogno.

UN'INDAGINE SCIENTIFICA SUL MASCHILISMO

L'argomento di questo articolo è il maschilismo. Mi è venuto in mente di parlare di questo tema un pò di tempo fa quando ho ascoltato il professor Alessandro Barbero interrogarsi se esistessero delle differenze strutturali tra uomini e donne che impedissero a quest’ultime di affermarsi in certi campi.

A mio avviso questa è stata un’uscita completamente sbagliata per una serie di ragioni, ma comunque detto questo per cercare di offrire un contributo alla causa, mi sono documentato e ho cercato di capire se esistesse una teoria in grado di spiegare come mai nella nostra società si sia imposto un modello culturale maschilista.

Ma vi dico sin da subito che a oggi non esiste nessuna spiegazione scientificamente valida in materia che possa spiegare questo fatto. Infatti tutt'al più esistono alcune ipotesi che cercano di offrire una spiegazione del come mai questo sia accaduto, le quali però a un’attenta analisi sembrano tutte condurre da un’unica parte: per la nostra specie non ha rappresentato alcun vantaggio in termini evolutivi concedere il potere agli uomini piuttosto che alle donne.

UNA PANORAMICA STORICA

Nel corso della storia umana in culture differenti tra loro si sono sviluppate diverse tipologie di gerarchie che avevano lo scopo di favorire alcuni membri a discapito di altri per quanto concernesse il controllo e il potere all’interno dei gruppi. 
Parliamo di gerarchie che sono state basate a volte sulla razza, altre sulla casta di appartenenza o ancora sul credo religioso e così via.

Ma tali gerarchie basate su questi elementi non sono state mai condivise o ritenute valide da tutte le culture che si sono succedute sulla terra nel corso del tempo. Infatti se per esempio la questione della razza è stata una questione fondamentale nell’America durante la guerra di indipendenza, essa non era ritenuta importante per i musulmani del Medioevo, così come nella nostra cultura occidentale il credo religioso non è più un elemento di discriminazione mentre lo era eccome ai tempi delle persecuzione dei romani sui primi cristiani.

E’ come se in differenti luoghi del mondo e in differenti epoche storiche le caratteristiche utilizzate per dividere i potenti dai deboli fossero mutate di volta in volta in base alla cultura specifica di quel momento storico.

A meno che non si parli di donne,
perché nel corso della storia c’è stata una sola grande gerarchia che sembra essere stata ritenuta valida da sempre in tutte le culture: ossia la gerarchia basata sul genere.

Troviamo testimonianze di questo a partire dal 1200 a.c., dove è emerso da alcuni documenti rinvenuti, come nella cultura cinese di quell’epoca fosse di cattivo auspicio per la famiglia che il bambino appena nato fosse di sesso femminile.

E di certo non possiamo dire che nel corso del tempo le cose siano andate meglio.
Alle donne è stato praticamente sempre proibita la possibilità di accedere ai più importanti ruoli di potere all’interno della società e come se non bastasse se le donne hanno anche dovuto subire l’onta di essere considerate in molte culture di proprietà del marito o del padre. 
Tanto che sino al 2006 esistevano ancora 53 stati nel mondo in cui un marito non poteva essere processato nel caso avesse stuprato sua moglie, poiché ritenuta di sua proprietà.

L'ESCLUSIONE DEL FATTORE CULTURALE COME SPIEGAZIONE

Questa desolante analisi ci riporta alla considerazione iniziale, ma come mai il modello maschilista si è imposto in tutte le culture nel corso della storia? Per quello che abbiamo detto sino a ora non possiamo attribuire la responsabilità a fattori culturali perché altrimenti ci saremmo dovuti aspettare che almeno in alcune culture straordinariamente diverse tra di loro nel corso dei secoli se ne sarebbero dovute sviluppare alcune in cui le donne avessero occupato ruoli di maggior potere rispetto agli uomini.
Ma ciò non è accaduto.

E allora se una spiegazione culturare non è possibile, dove possiamo cercare una risposta a questa domanda?
Rimane da prendere in esame solamente una possibile ragione biologica universale che ha portato quasi tutte le culture a valorizzare il maschile rispetto il femminile, anche se come vi ho già anticipato anche qui faremo un buco nell’acqua completo. Comunque cercherò di illustrarvi due delle principali ipotesi che sono state fatte, spiegandovi anche il motivo per cui nessuna di esse appare valida.

IPOTESI DELLA MAGGIORE FORZA MUSCOLARE

La prima ipotesi è quella che possiamo definire della forza muscolare, la quale teorizza che gli uomini abbiano usato nel corso dei secoli la loro maggiore potenza fisica per costringere le donne alla sottomissione. Maggiore forza avrebbe consentito nell’antichità di essere gli unici a occuparsi di arare il terreno o fare il raccolto, concedendo agli uomini in questo modo un controllo diretto sul cibo e quindi anche maggiore peso nella società, visto che a quei tempi chi controllava il cibo controllava praticamente anche il potere.

Questa ipotesi ha però diversi limiti.
Anzitutto il fatto che gli uomini siano più forti delle donne è un’affermazione vera ma solo se riferita alla media, per cui appare molto strano che nei millenni trascorsi dalla comparsa del Homo Sapiens sulla terra, nessuna mutazione genetica abbia mai consentito di avere alcune donne più forti degli uomini all’interno di almeno un gruppo.

Inoltre se fosse vera questa ipotesi una donna nata con una forza pari a quella maschile avrebbe dovuto assumere un ruolo di potere e invece anche questo non è praticamente mai successo. Se poi accettassimo l’idea che le donne siano state escluse da alcuni lavori perché meno forti degli uomini, ciò non spiegherebbe perché siano state escluse nel corso della storia da lavori in cui la forza non era per nulla importante come per esempio cariche religiose, politiche o scientifiche.

In realtà al contrario se il ruolo sociale fosse stato diviso in base a questo principio i ruoli più istituzionali sarebbero dovuti andare in maggioranza alle donne, lasciando agli uomini tutti i compiti più faticosi, in quanto storicamente le donne avevano sviluppato maggiori abilità relazionali e diplomatiche.

Volgendo poi uno sguardo nella nostra società attuale ci accorgeremo poi di come tale ipotesi abbia ancora meno credibilità, perché è evidente che non esiste alcun un rapporto diretto tra forza fisica e potere, altrimenti non si spiegherebbe come sia possibile che un uomo di 70 anni abbia molto più potere di uno di 20 o 30 o di come un paio di secoli fa gli spagnoli siano riusciti a governare migliaia di africani dotati di una forza fisica nettamente superiore.

E neanche volgendo lo sguardo verso le altre specie animali questa ipotesi trova conferma.
Primo perché se è vero che in alcune specie animali il maschio alpha è effettivamente quello più forte è altrettanto vero che la nostra specie non è certamente sopravvissuta grazie alla forza fisica, anzi.
Ciò che ha consentito alla nostra specie di sopravvivere sono state le capacità relazionali e cognitive, cosa in cui le donne sono come minimo al pari degli uomini.

Se poi volgiamo lo sguardo ai nostri cugini più vicini, ci accorgiamo di come tra gli scimpanzé il maschio alpha conquisti la sua posizione non tanto con la forza, ma attraverso la sua capacità di costruire relazioni con gli altri membri e di come tra gli bonobo il gruppo di comando sia composto da femmine di bonobo. Sembra dunque evidente che per tutte queste ragioni questa ipotesi sia da scartare.

L'IPOTESI DELLA DIFFERENZA GENETICA

Vediamo allora la seconda ipotesi, la quale avanza l’idea che attraverso milioni di anni di evoluzione gli uomini e le donne abbiano sviluppato differenti strategie di sopravvivenza e di riproduzione, che hanno portato a uomini e donne geni differenti rispetto la dominanza. Questa ipotesi sostiene che poiché gli uomini competevano l’uno contro l’altro per avere l’opportunità di fecondare le donne fertili, le probabilità individuali di riproduzione dipendevano soprattutto dalla capacità del singolo uomo di superare e sconfiggere altri uomini.
Così con il passare del tempo, i geni maschili che riuscivano a passare alla generazione successiva appartenevano agli uomini più ambiziosi, aggressivi e competitivi.

Una donna, invece, non aveva problemi a trovare un uomo desideroso di ingravidarla. Se però voleva che i suoi figli le dessero dei nipoti, occorreva che li tenesse nel grembo per nove difficili mesi e continuasse poi a nutrirli per anni. Periodo durante il quale aveva poche opportunità di procurarsi cibo, per cui le serviva aiuto per procurarselo.

Allo scopo di assicurarsi la sopravvivenza e di veder garantita anche quella dei figli, la donna non aveva dunque altra scelta se non accettare qualsiasi condizione l’uomo ponesse, in modo che gli restasse vicino, offrisse protezione dalle minacce e procurasse cibo.

Così con il passare del tempo, i geni femminili che venivano trasmessi alla generazione successiva erano di donne sottomesse che si prendevano cura della prole, mentre le donne che piuttosto che occuparsi della prole si dedicavano a contendere il potere agli uomini, finivano per non procreare disperdendo dunque il patrimonio genetico più “ribelle”.

Dunque secondo questa ipotesi ci si aspettava che gli uomini preferissero donne più sottomesse rispetto le ribelli come compagne. 
Ma anche questa visione presenta delle evidente incongruenze, infatti non è in grado di spiegare perché le donne non si potessero coalizzare tra di loro e formare una rete di supporto in cui alcune si occupavano di stare con la prole mentre altre si occupavano di procacciare cibo e difendere le altre.

Inoltre vi sono molte specie di animali, tra cui gli elefanti e gli già citati scimpanzé bonobo, in cui la dinamica tra femmine dipendenti e maschi competitivi sfocia in una società matriarcale. 
Per esempio le femmine di bonobo costruiscono reti sociali tutte femminili dove ciascun membro collabora ad allevare i figli e benché le femmine di bonobo siano in media più deboli dei maschi, all’occorrenza si mettono insieme e battono i maschi che oltrepassano i limiti.

Se ciò è possibile tra i bonobo e gli elefanti, perché non dovrebbe esserlo tra i Sapiens?
I Sapiens sono animali relativamente deboli, il cui vantaggio biologico sta nella loro capacità di cooperare in grandi numeri.
Se è così, dovremmo aspettarci che le donne nel corso della storia avessero potuto usare le loro superiori capacità sociali e di cooperazione al fine di manovrare e manipolare gli uomini aggressivi, isolati e concentrati su di sé.

la MANCANZA DI una SPIEGAZIONE

Ma allora come è potuto accadere che, proprio nella specie il cui successo dipende soprattutto dalla cooperazione sociale, gli individui che ipoteticamente sono i meno cooperativi (gli uomini) siano arrivati a controllare gli individui che ipoteticamente sono i più cooperativi (le donne)? Semplicemente non lo sappiamo.
Quel che sappiamo, però, è che durante il secolo scorso i ruoli di genere hanno subito un’enorme rivoluzione per fortuna.

E che spetta a noi corregere questo errore dell'evoluzione.


Grazie per aver condiviso con me questo viaggio nell’universo della mente umana. Se ti piace questo progetto puoi supportarlo seguendomi su Instagram e Spotify. Tu non hai bisogno dello psicologo, ma io ho bisogno di te. 

Info sull'autore

Mi chiamo Marco Naman Borgese e sono uno psicologo, PhD student presso l’Università degli studi di Salerno, psicoterapeuta ad approccio strategico integrato e sono certificato come practitioner EMDR ed esperto in Mindfulness MBSR.
Collaboro come mental coach con atleti di alto livello, troverai nel sito alcune testimonianze, collaboro inoltre nell'atletica con la velocità delle Fiamme Gialle e la Vero Volley, mentre in passato ho collaborato con la Stella Azzurra basketball.
Sono docente presso il corso Uefa Pro dell'Università del calcio di Coverciano, nel Master in psicologia digitale di Idego e nel Master Giunti in psicologia dello sport.

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